Crocodiles live a Carpi (MO): l’attacco è tutto
L’autunno caldo dei Crocodiles passa anche per il Mattatoio Culture Club di Carpi.
Quella del 5 ottobre nella provincia modenese è una delle tre date che il gruppo statunitense di San Diego riserva all’Italia, a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione del loro sesto album. L’uscita di “Dreamless” è prevista infatti per il 21 ottobre, per l’etichetta Zoo Music che fa capo alla band stessa.
JJ MAZZ, al secolo Luca Mazzieri, in apertura porta sul palco il proprio progetto solista, dopo una militanza in alcuni gruppi noti agli addetti ai lavori e non solo. Un iniziale “one mask show” che parte subito all’insegna di un suono wave da anni ottantissimi pieni, un po’ romantico e un po’ dark. Anche quando getta la maschera, il risultato non cambia: un uomo chino sulla chitarra, circondato dai suoi campioni.
Lo stage del Mattatoio è collaudato per resistere al peso di importanti pedaliere, perché anche i Crocodiles con la strumentazione di palco non scherzano. Le loro linee guida appaiono chiare già dai primi frangenti: basso nitido e definito, voce che pare arrivare da una stanza nei paraggi, chitarra leggera e con un riverbero extraterritoriale. Iniziano piuttosto quieti nelle movenze, quasi eleganti senza essere impostati. Un po’ più di brio arriva dalla batteria quando sale appena di tiro, incorniciando il tutto con i coretti a due voci.
‘Crimes of passions‘, dal disco omonimo, abbraccia un noise pop che ha sempre la voce lontanissima e il basso significativo e inciso, laddove le chitarre sembrano quasi rarefatte. Si respira un’aria nostalgica, il suono dei Crocodiles sarebbe perfetto come colonna sonora di una VHS, quella della gita delle medie. Dura e concreta ‘Mirrors‘, forse la canzone più azzeccata del loro repertorio, con il basso rumoroso e le chitarre picchiate.
I Crocodiles puntano molto sulla quantità del suono che spesso sopravanza la pulizia dell’esecuzione. Attacchi energici che poi sfumano gradualmente, ma la brevità dei pezzi permette di non scendere mai di tono, con un basso usato alla stregua di una terza chitarra, qualcosa di più sostanzioso di un semplice accompagnamento.
Dopo una breve pausa con le chitarre davanti agli amplificatori per il più classico dei feedback, i Crocodiles reimbracciano gli strumenti per una tripletta finale coronata da una multipla cover. ‘Jet boy, jet girl‘ degli Elton Motello, versione inglese di quel classico riempipista di tante serate indie che è ‘Ça plane pour moi‘ di Plastic Bertrand, qui in versione scannatissima, altissima e rumorosissima, ha effetto quasi liberatorio. Tutto il riverbero viene sprigionato in pochi minuti, un gran finale divertente e scomposto, con i tratti marcati di un rock’n’roll che si è timidamente intravisto per tutto il concerto.