Corey Taylor, tre anime a nudo
Era iniziato malissimo il 2024 di Corey Taylor, che proprio nei primissimi giorni dell’anno annunciò a sorpresa l’annullamento del suo imminente tour americano.
«In questi ultimi mesi la mia salute fisica e mentale sono andati a pezzi, e credo di aver raggiunto un punto in cui tutto ciò non è più sano né per me né per la mia famiglia», spiegò ai fan tramite i canali social. «Ho dovuto guardare dentro me stesso per capire dov’ero e dove stavo andando, ed ho realizzato che avevo bisogno di riprendermi e di stare con la mia famiglia per tutto il tempo necessario. Prometto di fare tutto il possibile per rimettermi in sesto, e tornare finalmente a suonare per voi».
Quando la depressione che ti ha sempre accompagnato rialza la testa, puoi essere la rockstar più popolare del pianeta ma devi essere forte ed umile abbastanza per capire che è arrivato il momento di fermarsi e lavorare su te stesso. Una cosa che il buon Corey, ancora una volta, sembra essere riuscito a fare con successo. A fine maggio è sbarcato in Europa per un lungo tour che lo ha visto (e lo vedrà) calcare le scene dei principali festival estivi, piazzando qua e là anche un buon numero di date da headliner. Tra queste, anche quella di questa sera all’Alcatraz di Milano. Non che sia filato tutto liscio, perché se la fortuna è cieca purtroppo la sfiga ci vede benissimo ed ha fatto in modo che gli show al Novarock in Austria e al Rock For People in Repubblica Ceca saltassero per non meglio precisati motivi di salute.
Anche il concerto di Milano non è certo nato sotto i migliori auspici, visto il comunicato diramato da Vertigo poche ora prima dell’inizio dello show: il truck che trasportava la produzione di Corey Taylor è rimasto bloccato per diverse ore in dogana, costringendo artista ed organizzazione a ritardare di non poco l’inizio del concerto.
Non resta che attendere ed ingannare l’attesa con l’esibizione gruppo spalla, i danesi SIAMESE, sul conto dei quali chi scrive deve confessare un’ignoranza pressoché totale, nonostante siano in circolazione da diversi anni e la loro discografia comprenda già ben sei album, con il settimo, “Elements”, in uscita il prossimo 9 agosto.
Alla prova dei fatti il quintetto non ha affatto sfigurato, rendendosi protagonista di una prova convincente ed energica sullo stage di un Alcatraz allestito – per ovvi motivi – in configurazione ‘a palco grande’. Per quanto non particolarmente innovativi, i Siamese vedono la presenza in formazione di un violinista, il che conferisce una nota di peculiarità al sound della band, in cui si fondono con efficacia elementi di rock, metal ed alternative. Particolarmente apprezzabile la performance di Mirza Radonjica, il front-man della band. Una nota di merito anche per aver fornito a Corey Taylor e compagni il proprio drum-kit, permettendo quindi il regolare svolgimento di uno show nato sicuramento sotto il segno della cattiva sorte.
Nel frattempo, le lancette dell’orologio hanno abbondantemente superato le ore 22:00, quando finalmente, con più di un’ora di ritardo sul ruolino di marcia, il PA inizia a diffondere le note acustiche di ‘The Box’ che introducono l’ingresso sul palco di Corey Taylor e della sua band.
Fin dall’iniziale ‘Post Traumatic Blues’ il carismatico front-man degli Slipknot e degli Stone Sour chiarisce subito che questa sera non si faranno prigionieri, dando sfogo alla frustrazione per gli inconvenienti capitati durante la giornata, su cui si soffermerà subito dopo il secondo brano in scaletta, ‘Made Of Scars’. Ringraziando il pubblico per la pazienza, Taylor conferma che, nonostante i problemi ed il ritardo, la band ed il crew hanno fatto di tutto per poter suonare e per offrirci il miglior show possibile. Uno show che sarà completo e privo di tagli, come effettivamente alla fine risulterà essere.
Dedica poi la successiva ‘Black Eyes Blue’ alla moglie Alicia Dove, la sua ’regina’, la persona che lo ha sostenuto nei difficili momenti attraversati nei mesi precedenti questo tour e che gli ha letteralmente salvato la vita, dice Taylor con un malcelato velo di commozione. Con ‘We Are The Rest’ lo show riprende quota – le chitarre di Zach Throne e Christian Martucci sferzano il pubblico, a dovere, ben sorrette dalla sezione ritmica, animata dal basso pulsante di Eliot Lorango e dai ritmi infuocati di Dustin Robert.
Sulla prestazione di Taylor abbiamo poco o nulla da dire, si tratta di uno dei front-man più dotati in circolazione e la nonchalance con cui passa dai toni più estremi alle parti più melodiche, quasi ai confini del classic rock, non finirà mai di stupirci, soprattutto in un set come quello di questa sera in cui convivono le differenti anime della sua vita artistica, dagli Slipknot, di cui ci vengono proposte l’inevitabile ‘Before I Forget’ ma anche una ‘Snuff’ da brividi e – proprio in chiusura di show, una micidiale ‘Duality’, agli Stone Sour (la succitata ‘Made Of Scars’, “Song #3”, ‘Through Glass’ e ‘30/30-150’) passando per i brani dei due album solisti , con particolare menzione per ‘Home’ (ancora una volta dedicata alla moglie’) e ‘Midnight’.
C’è spazio anche per il divertissement con l’ilare siparietto dedicato al tema di SpongeBob, e per cover più serie come quella di ‘The Killing Moon’ degli Echo And The Bunnyman, apparsa nella recentissima raccolta “CMF2B… Or Not To Be”. Il vostro reporter ha invece goduto non poco quando Taylor e soci hanno proposto ‘From Can To Can’t’, un piccolo gioiellino power pop scritto a otto mani insieme a Dave Grohl, Rick Nielsen dei Cheap Trick e Scott Reeder dei Kyuss, appositamente scritta per la colonna sonora di ‘Sound City’, il documentario che Grohl produsse per celebrare l’omonimo studio losangelino, uno dei siti più importanti per la storia e l’evoluzione del rock.
Lasciamo l’Alcatraz un po’ più tardi del previsto, ma ampiamente soddisfatti da un concerto che, nonostante gli imprevisti del caso ne abbiano quasi messo a repentaglio lo svolgimento, è comunque riuscito ad arrivare in porto, rassicurandoci non poco sullo stato di salute di Corey Taylor, questa sera davvero incontenibile. E, oseremmo dire, felice di aver ritrovato lo spirito giusto con cui tornare alla sua dimensione più consona: in mezzo al palco, a sgolarsi per quel pubblico grazie al quale, come lui stesso ha dichiarato questa sera all’Alcatraz, non potrebbe essere quello che è diventato.