Chris Baio live a Milano: la sintetica eleganza del pop
Una parentesi da solista tra le parole Vampire e Weekend: Chris Baio, bassista e seconda voce dell’originale gruppo di New York, arriva al Biko di Milano il 2 marzo per l’unica tappa italiana del tour con cui presenta il disco “The names”.
Il progetto pubblicato nel 2015 porta Chris Baio, all’anagrafe Chris Baio, al centro dello stage, accompagnato dalla chitarra di George, mettendoci la voce e la corrente elettrica.
L’apertura è affidata all’originalissima Sara Loreni, che dopo l’impatto da “nera per caso” dietro una consolle riempie il Biko con una voce potente senza ricorrere a prove di forza, cantandosela e suonandosela da sola utilizzando campionamenti ed effetti. Molti dei brani tratti dal disco di esordio “Mentha” hanno la fattura di un pop strutturato, costruiti sul contrasto tra la voce retrò e il contesto futuribile.
Tra una rivisitazione di ‘Glory box‘ dei Portishead, trip-hop che si mescola col nu-soul, e una chiusura con elettronica da dancefloor, l’intera scaletta di Sara Loreni scorre liscia coinvolgendo con particolarità senza cascare nella trappola dell’eccesso di ricercatezza.
Uno smoking bianco con papillon rosso, e un paio di sobrissime scarpe bianche: Chris Baio si presenta al pubblico milanese con innegabile eleganza, e si piazza dietro la consolle dando l’attacco con ‘Brainwash yyrr face‘, una lunga base di introduzione con un’impercettibile chitarra.
Quando ci si inizia a chiedere se lo show sarà più simile a un concerto o a un dj set, Baio abbandona il banco di lavoro e si porta al centro del palco, microfono in mano, uno stile e un timbro vocale da pop ricercato anni ’80.
Si sfuma verso la spensieratezza, ‘Matter‘ è un pezzo pop sereno, si potrebbe definire un tropical synthwave se fossimo in vena di coniare neologismi musicali. Si passa da venature più marcate di chitarra a tonalità più dark, mentre con ‘Sunburn modern‘ l’atmosfera è balneare e malinconica, un tramonto di fine agosto sulla spiaggia di Cesenatico.
Il rimando più evidente alla vita di tutti i giorni di Baio lo si ha con ‘Sister of pearl‘, che ribadisce ancora di più dal vivo una sensazione che trasmette su disco: sembra di essere di fronte a una collaborazione tra il Win Butler di ‘Reflektor‘ e i Vampire Weekend, per rendere l’idea dell’hype del pezzo. A questo punto, si rientra a capofitto negli anni 80, il pop si fa più oscuro per ‘The names‘ e ‘Plains‘, assume la forma di tributo agli Eurythmics con una cover di ‘Here comes the rain again‘ dai bassi a manetta e dalla voce imperfetta ed emotiva.
Parte il brano di chiusura. Anzi no, la base non attacca a dovere, si spengono un paio di fari e con un velo di tristezza non polemica Chris Baio sta per salutarci, quando -sorpresa!- si riaccende tutto quanto.
E come esclama lui, «it’s our encore!», ovviamente inaspettato.
Dopo qualche passaggio cupo, ‘Scarlett‘, pezzo che chiude anche l’album “The names”, è un’aria di rinascita, per una chiosa in crescendo.
Quello di Chris Baio (che sulle prime mi ha fatto pensare a Scott Baio, il Chachi cugino di Fonzie in “Happy Days”, salvo poi scoprire che sono cugini di secondo grado) non è un revival dei Vampire Weekend, e nemmeno un freddo set elettronico pretenzioso: trattasi di pop sintetico coinvolgente, portato in scena con un carisma inconsueto da parte di chi sul palco è abituato a stare di fianco e non al centro.
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