Casino Royale ft. Marta Del Grandi, la voglia di stare sul palco al di là del tempo
Manchi da più di un decennio e poi torni per due sere consecutive.
Al Qube stasera è la volta dei Casino Royale, ospiti d’onore della seconda serata della Biennale di MArte Live. La band torna sulle scene live a due anni e mezzo da “Polaris”, il loro ultimo album, e a pochi mesi da ‘Cospiro’, singolo uscito nel giugno 2023 che vede la partecipazione di Marta Del Grandi, una delle cantautrici più interessanti della recente scena italiana e internazionale.
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Rispetto all’esibizione di Daniela Pes c’è qualche cambiamento nella tipologia di pubblico.
L’età media è leggermente più alta, chissà quanti sono stasera quelli che li ricordano in versione ska-rocksteady.
Forse non tanti, il pubblico è maturo, ma nemmeno troppo. Ci scambiamo impliciti sguardi d’intesa con i reduci del tempo che fu.
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Invece proprio come ieri, i problemi tecnici la fanno da padrone già dall’apertura di Assurditè, all’anagrafe Chiara Balzan, giovanissima cantautrice milanese. Sul palco si presenta in duo, sample pad, synth e computer.
Il suo è un electropop gradevole, che potrebbe esserlo ancora di più se l’impianto non decidesse di ribellarsi con continuità.
La ribellione tecnologica prosegue anche durante il primo quarto d’ora del set dei Casino Royale. A giudicare dai gesti, la band sembra stia combattendo una lotta senza quartiere con problemi di ascolto sul palco, rientri nell’impianto e microfoni in “mute”. Uno di questi impedisce alla voce di Marta Del Grandi di farsi ascoltare dalle persone presenti durante il brano di apertura, ‘Fermi Alla Velocità Della Luce’.
La situazione migliora dopo i primi tre pezzi, quando Alioscia Bisceglia alla voce, Patrick Benifei alle tastiere e ai cori, Geppi Cuscito alle corde – basso e chitarre – e synth, Lillo Dadone alla batteria, Vito Miccolis alle percussioni e Marta Del Grandi che oltre alle tastiere aggiunge geometrie celesti e cabrate abissali, entrano dentro il flusso della musica e si prendono il pubblico.
Lo fanno con ‘Tra Noi’, in cui una sequenza di batteria elettronica regge l’impalcatura di un pezzo che procede con un lento e inesorabile incalzare e recupera le sonorità tipicamente dub e trip hop. Su di esse si muove il cantato di una voce che una pennellata di delay rende inafferrabile e indefinita. Segue ‘Io e la Mia Ombra’, dall’incedere dinoccolato e reggaeggiante, che con un testo incredibilmente profetico (la canzone è del 2011 ma andate a recuperarne il testo e mi saprete dire) racconta delle nevrosi e dell’isolamento nel secondo millennio.
Poi Marta Del Grandi richiama a sé le attenzioni.
Una Marta Del Grandi più viscerale e concreta rispetto a come sono abituato ad ascoltarla nei suoi lavori da solista, confermando ecletticità artistica e grandi capacità vocali quando poi si sposta a timbriche e fraseggi che ne rivelano la sua formazione jazz. È un balzo di quasi trent’anni nel passato, quello di ‘Suona Ancora’ ed è un tuffo in sonorità liquide. La sensazione di immergersi in calde profondità amniotiche dalle quali emergono in lontananza suoni smussati e rarefatti del mondo di fuori. I riverberi sono un marchio ancor più trip hop, complice anche il synth davanti al quale Geppi Cuscito armeggia come un alchimista rinascimentale.
Alioscia cita Joe Strummer, riportandoci idealmente ai tempi in cui la musica era impegno civile e lancia ‘Cose Difficili’. Una discesa nei propri tormenti interiori, nelle contraddizioni, nell’incomunicabilità, nella solitudine di un’anima metropolitana vagabonda. Il tutto avvolto in calde lenzuola di armonie e progressioni jazzate, mentre sullo schermo dietro il palco scorrono immagini di notti di città. ‘CRX – Io Rifletto’ porta con sé il tempo del mio personale amarcord. Senza accorgermene è il mio corpo che inizia a seguirne le ondulazioni, le sinuosità, la rabbia e le asprezze. I Casino Royale hanno ancora molto da dire e energia da spandere a piene mani.
Hanno voglia di mettersi ancora in gioco, senza la fretta e gli assilli di dover sottostare a pressioni di carattere commerciale e senza guardarsi troppo alle spalle. Vortici di luci e atmosfere nuovamente subacquee, corroborate dalle immagini di pesci che scorrono sullo schermo, fanno da cornice a ‘Cospiro’. Marta Del Grandi si abbandona a melodie e vocalizzi che risvegliano il mio ricordo di Ofra Haza e che lasciano poi spazio all’irrompere di un treno sintetico drum & bass e a scenari post apocalittici.
Il tempo di guadagnare il bancone del bar ed entro in modalità yo-yo, a far su e giù tra dj set, teatro canzone, installazioni, sculture, personali fotografiche, amicizie di quelle che contano ed esibizioni di emergenti.
Mi sto divertendo, ma non ci credo troppo, è cosa insolita per me nei posti molto affollati.
Ondivago sulla scala metallica esterna incontro Marta Del Grandi, la band la sta aspettando sul van.
Mi dice di essersi divertita molto.
Mi sa che devo iniziare a crederci di più anche io.