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Bruce Springsteen, oltre il Rock

C’è voluto qualche anno ed una pandemia mondiale, per tornare a vedere Bruce Springsteen al Circo Massimo con la E Street Band.
Un concerto atteso ed esaurito da subito, preceduto dalla tragedia dell’alluvione in Emilia Romagna con annesse polemiche sul live del Boss a Ferrara.
La macchina è rodata ed anche la scaletta che stavolta, rispetto alle precedenti date del tour, è rimasta abbastanza ingessata.

Ma partiamo dai fondamentali: il ruolo di Bruce Springsteen nel panorama rock mondiale è definito.
Il Boss è un grande filologo della musica del Novecento, capace di scavare nelle radici seminali del blues e del folk e metterlo in connessione col rock e col pop.
Connessione che Springsteen ha saputo creare da Asbury Park in ogni angolo del globo terracqueo dove ha suonato con la E Street Band.
Ormai alla soglia dei settantaquattro anni, qualche traccia del tempo che avanza si nota nella voce ma i suoi concerti rimangono dei riti collettivi ai quali il suo pubblico non si
sottrae mai.
Un rito che è fatto di ricordi, voli onirici negli anni giovani e nella consapevolezza di quello che ognuno di noi, nel tempo, è diventato.
C’è una trasversalità tra le generazioni che vi assistono che supera ogni barriera cronologica.

Ogni momento della produzione musicale di Springsteen nasce in un contesto sociale e politico ben definito della storia recente americana, come ‘Born in The Usa
o ‘The Rising‘.
Eppure, ogni persona che la ascolta riesce a legarla ad un aspetto della propria vita personale.
Springsteen ha da sempre anche questa capacità: quella di scavare dentro sé stesso e, in qualche modo, anche dentro di noi.
È un artista che ha affrontato lo spettro della depressione ed ha saputo mettersi a nudo con i propri sentimenti anche in una dimensione più diretta con un tour teatrale.
Anche durante il concerto al Circo Massimo ha avuto i suoi momenti di intimità: da ‘Letter To You‘ alla cover dei CommodoresNightshift‘, con la finale ‘I’ll see you in my dreams‘. Forse, più di tutto, con la commovente ‘Last Man Standing‘, dedicata agli anni della sua adolescenza e ai compagni della sua prima band, i Castiles.
I momenti del passato leggendario della band non sono mancati (‘Kitty’s Back‘ e ‘The E Street Shuffle‘) a dimostrazione del fatto che la dimensione da grande band live
rimane l’impronta caratterizzante della E Street Band.
Il concerto scorre tra le grandi e collaudate hit da “Born To Run” e da “Born in the Usa”.
Il finale è commovente e di riconoscenza, con ‘Tenth Avenue Freeze-Out‘ e il ricordo di Clarence Clemons e Danny Federici, membri fondatori della E Street Band e amici del Boss.
Springsteen chiude da solo con chitarra e voce e l’interpretazione acustica di ‘I’ll see you in my dreams‘.

Bruce Springsteen

Non sappiamo se si tratta del suo ultimo tour o se ce ne saranno altri, ciò che sicuramente traspare da questa serata è il bisogno del Boss di mantenere una dimensione live col suo studio – sentimenti che sono emersi anche nel ricordo degli anni dell’adolescenza e delle prime esperienze rock.
Si arriva ad un momento della vita di un uomo e di un artista in cui quello che si è fatto deve servire a perdonarsi e a volersi bene, anzitutto a sé stessi ma anche alle persone che ci circondano.
Sono certo non siano parole al vento, anzi, ma sentite profondamente da Springsteen: nelle sue biografie, ufficiali e non, emerge la figura di uomo dietro l’artista.
Uomo che ha affrontato momenti di acuta discesa in mezzo al successo da mainstream e che ha avuto la forza di guardare in faccia i propri demoni, affrontandoli anche con il sostegno della famiglia e di una band (che dopo 50 anni e più insieme, è una vera e propria seconda famiglia).
Ben venga questo rito che ogni tot si rinnova in giro per il mondo come fosse una catarsi per ognuno di noi, per quello che siamo stati e per quello che abbiamo ancora davanti.
Non dimenticando mai, citando ‘Dancing in the Dark‘, che nessun fuoco si accende senza una scintilla.
Alla prossima, Boss.

Roma, 21/05/2023

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