Ostia Antica Festival 2024 | Blonde Redhead
IL POP TRASOGNANTE DEI BLONDE REDHEAD
Il ritorno della band statunitense al Teatro Romano di Ostia Antica
Roma, 26 Agosto 2024
«A volte mi piace vedere la storia del rock’n’roll come l’origine della tragedia greca, che iniziò su piccoli spazi all’aperto nelle stagioni cruciali e all’inizio era un gruppo di fedeli che ballavano e cantavano. Poi, un giorno, una persona posseduta emerse dalla folla e cominciò a imitare un dio» [James Douglas Morrison]
Nella sua opera “La Nascita della Tragedia dallo Spirito della Musica, Ovvero Grecità e Pessimismo”, Friedrich Nietzsche traccia la storia dell’umanità e parimenti di ogni singolo essere vivente, come oscillante tra i due poli costituenti la dualità di Apollineo e Dionisiaco, alla perenne ricerca di un equilibrio.Il sogno, l’armonia, la purezza, l’ordine delle cose, l’estetica e l’armonia della bellezza classica, la καλοκαγαθία nell’Atene dei V secolo a. C, l’Io, la conoscenza di sé; il caos, l’ebbrezza, la sovversione, la liberazione incontrollata degli istinti, il turbamento, l’abbandono irrazionale ai sensi, l’eccesso, l’Es, l’esaltazione di sé.
Secondo il pensatore tedesco, si ritrova questo equilibrio nella tragedia greca: “il dramma è la rappresentazione apollinea […] di moti dionisiaci”. L’apollineo permeava i dialoghi e la scenografia, il dionisiaco pervadeva la musica. Ma già con Euripide si ebbe il trionfo del primo sul secondo. Il dionisiaco fu escluso prima dalle rappresentazioni tragiche, poi dall’esperienza consapevole. Infine, con le religioni monoteiste ermeticamente chiuso nel Vaso di Pandora del rimosso, del “bestiale”, del “barbarico”, dei riti orgiastici e misterici, oggi a volte definiti come “satanisti”.
Il dionisiaco, tuttavia, rientra spesso dalla finestra. Basta partecipare a una processione religiosa in un qualsiasi paese del nostro sud per trovarne una moderna rappresentazione apollinea. Se invece ne volete un’epifania immediata, entrate direttamente in un qualsiasi stadio di calcio e appagherete la vostra curiosità.
Stefano Scrima, nel suo “L’Arte di Sfasciare Chitarre – Rock e Filosofia” , afferma che nell’esperienza del rock “l’equilibrio tra apollineo e dionisiaco ritrova il suo splendore”. Lo show, le luci patinate, le liriche gli outfit da una parte; l’ebbrezza della musica, i bassi che provengono dalle viscere della terra, gli eccessi, la danza, la sfrenatezza di artisti e pubblico. È possibile cogliere continuamente elementi apollinei e dionisiaci intorno a noi e dentro di noi.
Premessa doverosa questa, perché stasera sono immerso in uno tsunami apollineo: un concerto al Teatro Romano di Ostia Antica. Il semicerchio della cavea, le otto colonne marmoree dietro la scena, l’eleganza di abiti e di modi di hostess e steward, e infine i posti a sedere in platea a limitare i movimenti del corpo. Pogare, ballare, accalcarsi in piedi sotto al palco è dionisiaco. Quindi tutti a sedere e guai a chi si alza e inizia ad ancheggiare.
Sono i Blonde Redhead ad avere il compito di dar forma alle pulsioni istintuali e trovare ad esso spazio per manifestarsi all’interno di questo contesto di equilibrio e armonia classica, lungo il decumano di quella che una volta era l’avamposto sul mare della Roma imperiale. Meraviglia armonica che si apre stasera al dionisiaco del rock.
“La nostra musica tende a raggiungere lo stato di bellezza e di estasi.
Partendo dal punk-rock, tracciamo delle linee melodiche dolci che esplodono in irruzioni di violenza.
Sia la musica che l’uso della mia voce tendono ad enfatizzare la nostra ricerca del bello, senza le barriere dei generi”
I presupposti sembrano esserci tutti. Le parole di Kazu Makino, chitarrista e voce femminile del trio, che si completa con i fratelli gemelli Amedeo e Simone Pace, rispettivamente chitarra/voce e batteria, sembrano suggello di un rinnovato equilibrio tra Apollo e Dioniso. Così come la loro parabola artistica, che prende le mosse da un noise ruvido, sporco, dissonante, fino ad arrivare a un pop vaporoso e setoso in modalità Cocteau Twins.
Ma prima di loro tocca a Tutto Piange, progetto della cantautrice romana Virginia Tepatti, fresca di contratto con l’etichetta 42 Records. È accompagnata da Marco Barzetti ai suoni di chitarra e alle tastiere. Il nome del progetto parla di per sé. Intimista nei testi, timida nell’approccio con il pubblico, colpita dall’impatto con il contesto intorno a sé. L’emotività a volte le causa qualche minima incertezza, ma è questo che cattura l’attenzione del pubblico. Quindi va bene così
Interessante è ‘Non È Divertente’, uno dei due singoli finora usciti. Riverberi, loop, creano echeggianti tappeti sonori percorsi da una voce caricata della giusta drammaticità e tensione. Nei pezzi successivi emerge, ahimè, un prevedibile cantautorato indie pop troppo adolescenziale, almeno per i miei gusti. Entra nel cliché della liceale (che non è più) introversa, timida, che scrive canzoni nella sua cameretta. Magari funzionerà proprio per questo, glielo auguro.
Ed è un peccato perché è anche altro. È brava e può alzare il tiro. Infatti, si riprende con il pezzo di chiusura, in cui ritrovo le sonorità che mi erano piaciute all’inizio. Alla ricerca di informazioni su di lei, intuisco sia una giocatrice di scacchi e questo me la rende ancor più simpatica.
I Blonde Redhead sono annunciati dalla Joan Baez di ‘Nicola and Bart’, una storia che è sempre bene ricordare, ed entrano dopo una successiva intro hip hop. Kazu Makino, minigonna vertiginosa a mettere in chiaro alcune cose; Amedeo Pace maglietta bianca sulla quale campeggia la versione monocromatica della fragola in stile pop art in copertina di “Sit Down For Dinner”; Simone Pace in total black alla batteria. Roma è la terza data italiana del loro tour mondiale, dopo quelle di inizio giugno di Milano e Ferrara
L’apertura è rivolta al passato, forse per accontentare subito i fan e scaldare un ambiente maestoso e imponente che può intimidire il pubblico. I primi tre pezzi sono estratti da capisaldi della loro produzione, quali “Misery Is a Butterfly” e “Fake Can Be Just As Good”.
Le ritmiche sghembe e i cambi di tempo della batteria, le tastiere acide e le chitarre cariche di riverberi e delay di ‘Falling Man Misery’ e il cantautorale 12/8, con sonorità sospese, malinconiche e crepuscolari di matrice prettamente 4AD di ‘Doll Is Mine’, è inframezzato da ‘Bipolar Fake’. Pezzo modale, in cui l’ostinato ritmico e armonico è prigione sonora per la voce di Kazu Makino, che disperata vi sbatte contro. Fino a fondersi con quella di Amedeo Pace, in un incontro che sa di fuga, sospinta dai break frenetici della batteria di Simone.
‘Melody Experiment’ è il primo estratto dal loro nuovo disco, datato 2023, uscito a nove anni di distanza dal precedente. Siamo in territori dream pop, con le tastiere acide e dissonanti quel tanto che serve a trasmetterti quella microdose di insicurezza mentre galleggi sul suono, beandoti della voce di lei. Sonorità pop anche in ‘Snowman’, in cui è evidente l’aderenza a una forma canzone più strutturata. È la voce di Amedeo Pace a cantare le parti principali, mentre Makino lo doppia su un ritornello che sa di fiaba dal finale triste. Ma il pezzo si regge sulla batteria di Simone, macchina da ritmo rigorosa, precisa inesorabile, protagonista tellurica e contrastante con l’andamento vocale suadente.
Con ‘Dr Strangeluv’ i Blonde Redhead tornano al passato di “23”. Le chitarre stavolta sono arpeggiate e si incastrano con gli inserimenti e i controtempi ritmici di batteria, in stile premiata ditta Greenwood & Yorke. Nuovamente è Kazu a ipnotizzarci con giravolte vocali poetiche ed effettate, mentre la mia attenzione visiva è catturata dal fulmine sulla cinghia della Gibson “Diavoletto” e dal suo muoversi seduttivo. Voce sottile come il velo di ghiaccio su un lago alpino in primavera, mood elettrico, trasgressivo, sensuale, ribelle. A proposito di equilibrio tra Dionisiaco e Apollineo?
‘Spring by Summer Fall’ può essere inizialmente scambiato per un brano alla Sonic Youth, Ma l’overdose di delay e uragano torrenziali di riverberi ingoiano le voci che si dissolvono e diventano indistinguibili. Si entra nell’universo shoegaze, se ne esce con i giochi tra i pedali delay e polifonici di Amedeo Pace e le risposte improvvisate alla batteria di Simone.
I Blonde Redhead fanno un passo indietro e lasciano che sia la musica a prendersi la scena. Il contesto e le sonorità concorrono nel plasmare una dimensione lunare che improvvisamente si carica di energie più materiali e terrene. Le voci di Kazu e Amedeo annegano nel mare sonoro, che di volta in volta sceglie se diventare sabbie mobili, magma rovente o laguna tropicale. Proprio la vocalità, a volte rimanda al Battisti di Anima Latina, un cantante “proto-punk” così come già definito dalla stessa Makino che lo elesse in passato a ispiratore della band.
Come accennato, è proprio lei a inserire elementi di impalpabile perversione e quel pizzico di sensualità pericolosa e torbida che ti invogliano a seguire la band su sentieri che si possono far pericolosi. La musicista giapponese ti invita a tenere la guardia alzata anche nei pezzi che appaiono più riposanti, come le due parti della title track dell’ultimo lavoro. La batteria che accenna uno swing, tastiere e chitarre che appaiono e scompaiono. Arpeggi, note soffuse create con un pedale volume. La malizia diventa soavità e perversione morbida. Quiete disturbata da incursioni strumentali e vocali sperimentali e rumoristiche.
Poi un crescendo finale che conduce alla maestosità di ‘SW’. Brano imponente, con atmosfere che sconfinano all’interno dei territori della sacralità e religiosità. Potresti immaginarci dentro anche l’organo di una cattedrale gotica e l’effetto sarebbe lo stesso. Un attimo prima che tornino suoni e colori sognanti dei Cocteau Twins a prenderci per mano. È il caso di ’23’, con la chitarra a creare cuscini sonori con fontane di loop e delay e Kazu Makino che si prende la scena, liberando di nuovo il corpo in una danza ad alto potenziale erotico. Con Amedeo dà vita a una diade energetica. I due si muovono rispecchiandosi, in un empatia corporea che dà forma al brano più carnale e trascinante. Il mio corpo prende autonomamente vita e inizia a rispecchiare le movenze di Kazu, persa in una danza che cattura attenzioni, sguardi e moti dell’anima non propriamente puri e innocenti.
‘Rest of Her Life’ chiude la prima parte con una rarefatta introduzione punteggiata da frammenti vocali di che accompagnano lo scorrere del tempo. Siamo di nuovo in ambito pop per una canzone che immagino elettivamente collocata all’interno di un anime. Poi i Blonde Redhead salutano, ma non si fanno attendere troppo per i bis e trascinare tutti in piedi sotto il palco. Era ora.
Passerella finale dedicata a “Sit Down For Dinner”. L’intro di chitarra acustica di ‘Not For Me’ annuncia quella che, se fossi appena più nevrotico e fissato con le classificazioni, sarebbe candidata a un posto nell’elenco delle canzoni pop più belle mai ascoltate. Il registro tenorile di Amedeo Pace, i suoni ammorbiditi, la costruzione armonica, la delicatezza della melodia, si sposano perfettamente con un testo pervaso dal sentimento dell’assenza. Da non ascoltare se si è recentemente perso qualcosa, o qualcuno. Anzi no, da ascoltare proprio per questo.
I brani previsti nel bis sono tre, ma probabilmente per motivi legati all’orario, ne conto soltanto due. L’ultimo è ‘Kiss Her, Kiss Her’. Kazu e Amedeo si avvicinano a formare la base di un triangolo. Simone alla batteria completa il poligono più semplice e perfetto secondo gli antichi egizi. I riverberi in cui si immerge la voce della Makino sono correnti di suono; un tappeto volante in planata sul quale i Blonde Redhead ci invitano a salire. Così come gli inserti di synth e tastiere finali sono le madeleine che mi riportano agli anni Ottanta. Quando agli albori dell’adolescenza ingabbiavo le mie pulsioni dionisiache dentro rigide sovrastrutture imposte.
E la Musica era il grimaldello che apriva la serratura della cella. L’equilibratrice pulsionale che rimetteva allo stesso livello i piatti della mia bilancia emotiva: l’istinto, l’ebbrezza, l’irrazionale vs l’armonia, la purezza, la spiritualità. Alla fine, è ancora cosi. Tutto qui, nulla di più.