Beth Hart ed il calore del blues
Milano, 26 novembre 2018
«Hi, we are Kris Barras from UK».
Così si presentano i The Kris Barras Band, in un Teatro degli Arcimboldi ancora a mezzo carico, portando sul palco un sound molto country western possente che contrasta l’aspetto da hipster muscoloso del leader, Kris Barras.
Due chitarre acustiche, una batteria scarnata a una cassa e rullante, suonata per lo più, come da tradizione, con le spazzole ed una voce abbastanza roca per far scorrere bene la mezz’ora a disposizione dell’opening.
Un ragazzone tatuato e simpatico questo Kris Barras, che a più riprese ricorda al pubblico che il prossimo 28 maggio tornerà a suonare al Fabrique di Milano con il suo gruppo in versione totalmente elettrico e non solo con il suo set acustico di stasera.
Molta qualità nella sua esibizione, anche grazie alla location che esalta gli ottimi suoni ed enfatizza bene le qualità vocali di Barras.
Piacevoli i pezzi proposti, anche se a volte si ha l’impressione di esser dinanzi ad una versione country di Bon Jovi.
In ogni caso, sono sentiti e ben convinti gli applausi del pubblico su tutti i pezzi sino alla conclusiva cover, ben fatta, di ‘All along the Watchtower‘.
Grandissima è poi l’attesa per Beth Hart, la cantautrice e pianista californiana che a distanza di un anno dalla infuocata esibizione al Teatro Dal Verme fa nuovamente ritorno nella città meneghina, conquistando anche stavolta un palco sempre più grande e più degno del suo spessore artistico.
Ricordiamo le prime esibizioni, dalla Salumeria della Musica all’Alcatraz, poi si salendo il gradino dei teatri, partendo appunto dal Dal Verme sino all’Arcimboldi.
Un teatro gremito e che aspetta in trepidazione per venti minuti buoni, concentrando l’attenzione su quel pianoforte messo di lato, solo, con sopra una fila di candele.
Alle 21.30 si abbassano le luci e la band intona le note di ‘Don’t Explain’: la sala è silenziosa, in attesa.
Di Beth Hart si sente la presenza, si ascolta la sua voce suadente – ma non la si vede sul palco.
Sorprendentemente la si scorge passeggiare tra le file del pubblico, entrando da una porta laterale e avvolta da un nugolo di fans in delirio, con gente che si butta a terra e la bacia: lei si lascia toccare, salutare e avvicinare da chiunque voglia una sua stretta di mano o un saluto.
Cullata dalla sua voce suadente e profonda, la sua camminata non risparmia amore verso i suoi fans.
Un amore grande, riconosciuto ed incondizionato ma anche corrisposto: durante questa “passeggiata” tra il pubblico Beth Hart riconosce e abbraccia tra i presenti anche Alberto Di Leone, il presidente del fan club italiano, qui presente in discreto e appassionato numero.
Finalmente dopo questo bagno di pubblico sale sul palco e la si può ammirare nella sua totale eleganza, avvolta da uno splendido abito rosso damascato.
Tuttavia, ad avvolgere il pubblico è il suo immancabile sorriso, talmente bello da illuminare tutto il teatro.
Il pubblico le riserva un’ovazione e nonostante gli anni di carriera alle spalle è sempre sorprendente notare lo stupore di un’artista internazionale quando viene accolto dal pubblico.
Il concerto è un continuo, vorticoso, turbinio di note intense, vibranti, arrabbiate e pulite, sempre con quella vibrazione nel timbro che si stacca dalla mera esecuzione e riverbera nell’anima.
Beth Hart lo sente e lo ricerca, così come il pubblico sentino quanto lei cerchi anche la sua vicinanza lamentandosi della distanza causata dalla buca dei musicisti che separa il palco dalla platea.
Dà così tanto ai propri fans che, oramai in estasi, i presenti si alzano dalle poltrone per cantare con lei, ballare, rispondere ai suoi fraseggi.
È un succedersi di istintività animali: si alternano attimi di intimismo profondo a momenti di fuoco e sensualità sfrenata sia durante gli assoli dei musicisti sia quando si trova sola al pianoforte.
Una donna matura ma ancora fragile, che conosce il proprio passato e affronta il futuro consapevole delle proprie forze senza temere le proprie debolezze.
Tutto questo, e molto di più, è il riflesso della sua musica e dei suoi concerti.
Ad un certo punto una richiesta particolare, quella volta al light designer: vuole vedere chi ha davanti a sé, Beth, e chiede di non perdere il contatto visivo col pubblico.
Si lasciano accese alcune luci, e continua così la magia.
Durante la serata sono sicuramente mancati alcuni pezzi del suo immenso repertorio, anche grazie alla fruttuosa collaborazione con Joe Bonamassa e con tanti altri Bluesman, ma nell’ora e mezza di esibizione la Hart ha sfogato tutte le sfumature dell’arcobaleno emozionale che ti dona con la sua voce.
Incredibili la sua potenza ed estensione quando intona al piano ‘Love is a Lie‘.
Fatica a star seduta sul seggiolino e si ha l’impressione che perfino l’ottimo impianto sonoro stenti a riprodurre così tanta energia.
Simpatici anche i vari siparietti coi presenti, quando ad esempio è scesa in platea per risentire il pubblico sull’accompagnamento acustico in ‘There in your Heart‘.
Altissime emozioni anche con la dedica a sua madre con ‘Mama this one’s for you‘ al piano e la successiva ‘My Califonia‘, dedicata al marito che le è stato accanto nel suo periodo più nero.
Ci si ferma un attimo per poi rientrare con un set di fuoco e blues con ‘Trouble‘, ‘Chocolate Jesus‘ e la conclusiva ‘Fire On The Floor‘.
E Beth Hart, ormai è appurato, infiamma veramente il palco e sa dar fuoco e calore ad un autunno grigio che sta volgendo verso un freddo inverno, da poter riscaldare solo grazie al calore del blues.