Barb Wire Dolls live a Ranica (BG): la lunga tradizione del punk
Ultimamente quando mi capita di ascoltare le radio commerciali, accade sempre più spesso di sentire band che fino a qualche anno fa appartenevano al mondo underground ed ora, invece, solcano le classifiche a suon di tormentoni.
Penso ad esempio a Dente, oppure ai Selton o gli ExOtago – per non parlare di Calcutta.
Questo mescolamento tra underground e classifica mi fa sorgere una domanda: esiste ancora qualcosa di spontaneo, di aggressivo e che si può considerare alternativo al mainstream?
Per verificare, cosa ci può essere di meglio di un concerto punk?
È con queste premesse che il 5 ottobre vado al Druso per una data che si annuncia esplosiva.
È infatti sbarcato in Italia il gruppo punk Barb Wire Dolls, che proprio dal Druso inaugura tre tappe nello stivale per poi proseguire il tour in Europa.
I Barb Wire Dolls sono un gruppo punk originario dell’isola di Creta che una volta sbarcati a Los Angeles sono stati in grado di conquistare tutta la California e di proiettarsi sui palchi di tutto il mondo.
La svolta definitiva nella loro carriera è stato l’inevitabile incontro con Lemmy Kilmister dei Motörhead, che dopo averli visti live decide di prenderli nella sua etichetta discografica e di farne l’emblema della spontaneità e delle ribellione sopravvissuta fino ai giorni nostri.
Questo tour dei Barb Wire Dolls si snoda per un’infinità di date con ritmi serratissimi: l’obbiettivo è quello di portare in più posti possibili il nuovo frutto del loro lavoro, “Desperate”, uscito lo scorso luglio per la sopracitata etichetta di Kilmister (la MM, Motörhead Music).
Il disco annovera come produttori e mixatori alcuni dei più affermati professionisti di oltreoceano, e questo ha inevitabilmente creato diverse aspettative.
Fuori dal Druso piove e l’inverno sta ormai arrivando in modo inesorabile; dentro al locale il pubblico tarda ad arrivare, perso in mezzo a qualche nebbia.
Finalmente i musicisti cominciano a salire sul palco ed imbracciano gli strumenti: manca solo la frontman, Isis Queen, che arriva per ultima e con movenze feline raggiunge il palco.
Da quel momento in poi i cinque non si fermeranno più.
Movenze ben calcolate e abiti sgargianti fanno dei Barb Wire Dolls un’ottima band non solo da ascoltare ma anche da vedere.
Isis è padrona indiscussa del palco, aggirandosi come una tigre in gabbia e saltando con grande energia per tutta la durata del concerto: incita alla ribellione, lancia gestacci e manda baci verso il pubblico.
Pyn Doll alla chitarra solista si destreggia con stile e con un pò di mestiere porta a casa la sua esibizione. Iriel e Remmington costituiscono la sezione ritmica di questa band e avanzano in modo compatto e deciso.
‘Heart Attack’ è un ottimo esempio dell’uragano grunge e punk che sono in grado di sprigionare sul palco, con Isis che grida slanciandosi verso il pubblico: «We are young/We are strong/We are the ones/Here we come!».
‘I Will Sail’ è un fugace attimo introverso in cui Isis mostra un lato debole dietro alla sua figura aggressiva, ma questo attimo viene subito spazzato via con un calcio.
Il pubblico, forse stordito dall’arrivo del freddo, risponde a fatica agli incitamenti della band e l’atmosfera stenta a prendere fuoco nonostante l’energia sprigionata dai nostri cinque.
Solo sugli ultimi brani qualcosa sembra cambiare, con i presenti a dare manforte alla ribellione incitata da Isis con la sua ‘Revolution’, brano estratto direttamente dal disco precedente (“Slit”, 2012).
Cala il sipario rosso del Druso sull’esibizione dei Barb Wire Dolls (e sui dubbi che si aggiravano nella mia testa).
Un’esibizione energica, che mi fa sorridere e mi convince che se bisogna cercare un antidoto al mainstream non si può fare altro che ritornare ad abbeveraci alla fonte del punk ed alla sua lunga tradizione.
Bisogna sempre prestare attenzione però a ciò che si fa, perché come afferma Isis «il passo è breve e poi si rischia di diventare come i Paramore».