Alice Fest 2017: se tutte le musiche portano a Roma
È ormai settembre, ma sembra che all’Ex Dogana di Roma la fine dell’estate non sia ancora arrivata.
Anzi, sembra proprio che si faccia di tutto per rincorrere quel lontano agosto già fuggito via.
In una cornice a dir poco suggestiva, tutta contornata da catenarie di lampadine colorate, lo scorso 8 settembre si è svolto l’Alice Fest, che alla sua prima edizione non si è davvero fatto mancare nulla. L’idea di fondo?
Non solo proporre buona musica per tutte le orecchie, ma proporre artisti provenienti da tutta Italia: da Palermo a Torino, da Bari a Lanciano; e, chiaramente, da Roma.
Insomma, due palchi (rosso e blu) e tante proposte diverse.
Si parte alle 17.30 spaccate…diciamo alle 19, va: come ogni buon festival che si rispetti, tra soundcheck e arrivo del pubblico si inizia sempre con un po’ di ritardo. Ma, almeno, si inizia bene. Il primo della lista è Alessio Bondì, giovane cantautore palermitano che propone brani in acustico, con toni ‘folkeggianti’ e testi in siciliano: con lui ci godiamo un vero e proprio spaccato delle lontane terre sicule – che, a chi apprezza un po’ le diversità dialettali, non può che far piacere – tra qualche ballata e un po’ di malinconia, che non guasta mai.
Il tempo di un cambio di strumenti (con simpatico intermezzo musicale ad opera di due sassofonisti, che improvvisano una cover del tema principale del caro vecchio Super Mario) e sul palco arriva CRISTA, cantautrice romagnola che, sempre con chitarra e voce, presenta brani decisamente diversi: dal folk si passa ora ad accordi più rock, con sfumature più punk; da testi dialettali a testi in italiano con chiaro intento provocatorio e spesso anche provocante (per qualche minuto la frase «Non godo più» ci martella le orecchie a più non posso). Un’esperienza breve, ma intensa.
Ci riposiamo con l’arrivo di Maiole, che direttamente da Napoli che ci propone musica più propriamente elettronica, mentre si prepara il secondo palco per gli artisti successivi.
Dal piccolo palco rosso si passa al più grande palco blu: ad inaugurarlo è Giorgieness, progetto della cantante e chitarrista Giorgia D’Eraclea.
Col suo gruppo, di stanza a Milano, ci propone un rock davvero energico, cui fa capo una voce tanto potente quanto graziosa ed elegante; ma soprattutto capace di veicolare forti emozioni, che passano anche per l’espressività della cantante stessa, che non fa che ringraziare costantemente il proprio pubblico con enormi sorrisi.
Insomma, con Giorgieness capiamo che di lì si può solo puntare più in alto.
Un intermezzo più elettro-pop, ad opera del duo Lemandorle, che tra computer e microfoni ci intrattiene per una buona mezz’ora, lascia poi il posto ad una vera e propria sorpresa: GIUNGLA, una piccola Angus Young bolognese che si scatena a più non posso con la sua SG.
Sul palco è da sola, ma questo non si nota nemmeno: con tanta voglia di scatenarsi, tanta frenesia e con toni distorte, che non rinunciano a una buona dose di pop, ci meraviglia tutti, lasciandoci davvero a bocca aperta.
Siamo ancora decisamente su di giri, ma è solo l’inizio, perché sta per arrivare una dose di adrenalina tutta abruzzese.
Direttamente da Lanciano, uno dei gruppi emergenti che ha fatto molto parlare di sé lungo tutto quest’anno: parliamo dei Voina, che ci propongono sonorità tra il grunge, il post-hardcore e l’emo.
Con una chitarra che fa davvero paura, tanto riesce a picchiare forte, e una voce potente, graffiante ma soprattutto arrabbiata, i Voina riescono subito a far partire il pogo selvaggio: a metà dell’esibizione, come loro solito, propongono anche un wall of death, al cui centro si posiziona il cantante Ivo Bucci, quasi a voler abbracciare tutti quelli che sono lì per ascoltarli. Un vero e proprio colpo alla stomaco, musicalmente e emotivamente parlando.
Siamo quasi alla fine e arriva sul palco il “padrone di casa”, cui toccano gli onori di casa. La maggior parte del pubblico sta aspettando proprio lui: Wrongonyou, al secolo Marco Zitelli, che con la sua band è ad oggi una delle migliori proposte della scena romana e italiana. Il loro è un genere che ha sguardo e orecchie puntati verso l’Europa, con frequente utilizzo di synth vocali ed effettistica di rilievo (con tonalità spesso afferenti l’ambient), ma che ha un cuore tutto folk.
Marco ha una voce corposa, delicata e rassicurante, tanto quanto sono delicati e rassicuranti i suoi modi di fare, il suo porsi con costante umiltà nei confronti del suo pubblico.
A metà concerto una piccola sorpresa: irrompe sul palco Rocco Papaleo, che si dichiara grande fan di Wrongonyou, tanto da voler proporre con lui un simpatico intermezzo musicato (si parla di treni, di sogni, di opportunità… e anche della nazionale femminile di pallavolo). Il concerto si chiude con un grandissimo applauso per Marco e il suo gruppo, che come immaginavamo non ha deluso le nostre aspettative.
A concludere la serata è Concerto, un dynamic duo che propone un’elettronica dal sound pop decisamente internazionale, con sfumature danzerecce che riescono a tenere viva la serata fino alla fine.
In conclusione, cosa dire? Alice Fest ci è piaciuto, e ci è piaciuto soprattutto perché è riuscito a portare così tante proposte differenti, così tanti artisti di talento proprio a Roma, dando vita ad una super-serata che, tra un palco e l’altro, ha lasciato veramente poco tempo per riprendere fiato.
Alice Fest ci ha fatto vedere (e sentire) che, come si suol dire, «tutte le strade portano a Roma»… ma anche che, molto più spesso, tutte le musiche portano a Roma (siano esse siciliane, romagnole, milanesi o abruzzesi).