Afterhours e Zu live a Roma: dare ossigeno alla città
È una serata dalle grandi prerogative quella vissuta dai fortunati presenti domenica 18 settembre 2016 al CSOA Forte Prenestino di Roma.
La volontà professata dalle band ospiti è quella di supportare il Forte, uno spazio storico bellissimo e occupato che, come tanti altri spazi liberati nella Capitale, sono ormai da anni sotto scacco delle amministrazioni comunali susseguitesi a Roma.
C’è chi divora Roma e chi se ne occupa: contro chi la soffoca, dai ossigeno alla città
Piove a dirotto, ma sono arrivate migliaia di persone (non solo da Roma) per assistere all’evento che vedrà gli Afterhours e gli Zu sinsieme sul palco.
L’occasione ha portato la band di Manuel Agnelli a concedere ai propri fan una data extra proprio dopo quella di chiusura del “Folfiri o folfox – Tour” durante il Tutto Molto Bello a Bologna il 17 settembre.
Quello al Forte è un evento che si propone anche come una festa, e combacia esattamente con il trentennale del CSOA, posto magico dove in tutti questi anni si continua a sostenere, creare e diffondere cultura lontano da ogni logica di profitto.
La serata decolla alle 22.30 circa, quando salgono sul palco gli Zu con la loro musica roboante e violenta, tecnicamente perfetta e potente in modo lacerante.
La band, formatasi a fine anni ’90 a Roma, propone un set di un’ora.
Luca Mai al sax baritono, Massimo Pupillo al basso e Tomas Jarmir alla batteria danno il loro meglio con alcuni brani tratti da “Carboniferous” e “Cortar Todo” (leggi la recensione).
Il loro sound è subito riconoscibile sebbene sempre difficile da classificare: gli Zu hanno infatti l’abilità di unire hardcore punk, math rock, jazz e metal.
Cambio palco, e comincia il set degli Afterhours, che dopo l’armoniosa ed elegantissima ‘Ophrix’ lascia salire sul palco Manuel Agnelli ed uno ad uno ogni componente della band, accolti da scroscianti applausi sulle note di ‘Grande’.
Le distorsioni si accavallano piacevolmente con ‘Ti cambia il sapore’ e il pubblico salta assieme a tutta la band su ‘Il mio popolo si fa’.
Il violino di Rodrigo D’Erasmo, il basso di Roberto Dellera, le chitarre di Xabier Iriondo e di Stefano Pilia, la batteria di Fabio Rondanini sono ormai elementi imprescindibili nella ricetta del loro frontman Agnelli, in questi giorni apprezzatissimo anche da un nuovo pubblico grazie alla partecipazione come giudice al talent X Factor.
È tempo per il primo singolo mai suonato live e tratto da ”Folfiri o folfox”, ovvero ‘Non voglio ritrovare il tuo nome’, che fece la sua ottima figura come anticipazione del disco al “Primo Maggio di Taranto 2016”.
Tempo di classici: si battono le mani a ritmo per ‘Ballata per la mia piccola iena’, ci si emoziona cercando quasi l’estasi in ‘Varanasi Baby’ e destreggiandosi sul ritmo ossessivo de ‘La vedova bianca’.
Manuel Agnelli canta quindi la sua canzone per eccellenza, ‘Padania’, ed affronta il tema della difficoltà caratterizzante il mondo reale in ‘Né pani né pesci’.
Ancora tempo di storia Afteriana con ‘Male di miele’, mentre schizzano le iridescenze distorte di ‘Cetuximab’.
‘La sottile linea bianca’ è un brano a dir poco epico per i fan della band e se a seguire è ‘Costruire per distruggere’ diventa bellissimo «fare parte della gente senza appartenere a niente, mai».
Si può saltare sulla denuncia di ‘Fra i non viventi vivremo noi’ e le melodie sono commoventi nella mai più adatta ‘Se io fossi il giudice’.
Per il primo bis a rientrare sul palco è un Manuel Agnelli a torso nudo che intona ‘La verità che ricordavo’, riscaldando l’atmosfera e suscitando il lancio sul palco di biancheria intima di ogni genere da parte delle fans più audaci.
Dellera annuncia come canzone tranquilla ‘Strategie’ e Agnelli si destreggia in un assolo su una canzone scritta 20 anni fa, per poi lasciarsi andare a delle esternazione riguardanti quanto il pop possa uccidere l’anima – di ‘Pop (una canzone pop)’ dice però di aver capito ormai che l’anima la uccidono anche tante altre cose.
Deliziano i toni fischiati su ‘Non è per sempre‘ ed il suo senso di ottimismo speranzoso e poi arrivano nuovamente i saluti, ma solo per una breve pausa prima di un secondo bis, che conclude il concerto con ‘Quello che non c’è’ e ‘Bye Bye Bombay’.
A questa serata non è mancato proprio niente: né impegno, né lotta, né resistenza, né splendida musica né (soprattutto!) un cielo capace di generare una tempesta per poi rischiararsi e illuminare la Capitale sotto la luce di una splendida luna.