2Days Prog + 1 | Day 03
2Days Prog+1, tre giorni di “Veruno capitale del Prog”
Cronaca della 15ᵐᵃ edizione del festival Prog per eccellenza
Revislate, 08 settembre 2024
Siamo arrivati a domenica, ultima giornata di festival per il 2Days Prog+1. Mentre nei due giorni precedenti il meteo è stato clemente oltre le più rosee aspettative, la giornata parte subito male con un’intensa pioggia che batte su tutto il nordovest e previsioni che danno tempesta proprio nelle ore clou della manifestazione.
Nel percorso in auto verso Revislate un acquazzone di stampo biblico ci coglie poco dopo Gallarate, costringendoci ad una non programmata sosta all’autogrill in attesa che spiova almeno un pò. Guardando il cielo, e le secchiate d’acqua che scendono, onestamente le speranze che il festival potesse svolgersi regolarmente sono drasticamente scivolate così in basso che più in basso non si può.
Ripartiamo in direzione Revislate quando improvvisamente il Dio del Rock ha avuto avuto un attimo di benevolenza nei confronti di chi aveva deciso di spendere una domenica all’insegna del progressive e così come era arrivata, così la pioggia se ne è andata, senza più ripresentarsi fino al termine del festival. Per questioni di sicurezza l’organizzazione ha provveduto ad abbassare il palco per evitare pericolosi fenomeni legati al vento, eliminato tutti i banchetti e, più ingenerale, ha predisposto tutta l’area in modo che non si potessero creare condizioni in grado di nuocere ai partecipanti.
Nonostante tutto, puntuale come sempre, l’organizzazione fa salire sul palco la prima band della giornata. Si tratta dei Gleemen, storica formazione genovese attiva fin dal 1965, che vedeva tra le proprie fila Pier Niccolò ‘Bambi’ Fossati (chitarra e voce), Maurizio Cassinelli (batteria), Marco Zuccheddu (chitarra/tastiere) e Angelo Traverso (basso).
I nomi non dovrebbero suonarvi nuovi, perché quella formazione è diventata ben più nota in Italia quando nel1971 i Gleemen si trasformarono nei Garybaldi, diventando una delle più note band progressive del panorama nazionale. Bambi Fossati purtroppo non c’è più, ma questo non ha fermato Cassinelli dal riemettere insieme il gruppo nel 2013, in una forma più contemporanea grazie all’innesto di sangue giovane come quello di Alessandro Paolini (basso) e Gianpaolo Casu (chitarra).
Nel loro set brani vecchi, composizioni più recenti ed anche un paio di cover dei Beatles, ma sono i ricordi e gli aneddoti raccontati da Cassinelli tra un brano e l’altro che rendono speciale questa apertura di giornata, tra i commoventi ricordi di Bambi Fossati e qualche inedito, scovato da Cassinelli a casa dello stesso Bambi, dopo la sua scomparsa. La ciliegina sulla torta è l’ospitata di Marco Zuccheddu, che a metà concerto si unisce alla band destreggiandosi tra chitarra e tastiere, obiettivamente conferendo al gruppo una vera marcia in più.
Dopo un rapido cambio di palco tocca ai norvegesi Seven Impale, di stanza a Bergen, importare in Italia il loro particolare approccio musicale che, pur partendo da una base progressive, spesso e volentieri sconfina in territori apparentemente contrastanti, alternando con nonchalance sfuriate heavy a passaggi jazzati in un ibrido musicale complesso, spiazzante, imprevedibile, dissonante… ma assolutamente e totalmente intrigante.
Pur avendoli ascoltati ed apprezzati su disco, è dal vivo che meglio abbiamo potuto apprezzare la natura schizoide ed affascinante di questo sestetto che – ricordiamolo – condivide il tastierista Hakon Vinje con i compatrioti Enslaved. Dovendo scomodare improbabili paragoni, provate a pensare ai figli illegittimi dei Motorpsycho e dei Meshuggah, svezzati a bordate di King Crimson.
Qui a Veruno abbiamo potuto ascoltare una manciata di brani tratti dal loro ultimo album “Summit! (‘Hunter’, ‘Ikaros’ e la conclusiva ‘Sisyphus’) senza tralasciare rimandi ai dischi precedenti con ‘Lemma’ (da “Contrapasso”) e ‘Windshears’ (da “City Of The Sun”). Per chi scrive, forse la band rivelazione del festival.
Dalla Norvegia arriva anche la penultima band in cartellone, a riprova di quanto sia attualmente florida ed interessante la scena progressive locale, che non si esaurisce certo con le tre band presenti al 2Days Prog +1: in quelle lande spuntano come funghi formazioni di classe superiore, di cui i vari Leprous, Airbag e Gazpacho per citarene solo tre, sono solo la testa di ponte per tutta una serie di formazioni minori, che in realtà tali sono solo perché praticamente sconosciute dalle nostre parti.
I Meer sono uno dei segreti meglio custoditi della scena prog norvegese. Li avevamo particolarmente apprezzati con il precedente album “Playing House” e, pur in misura minore, con l’omonimo debutto del 2016 ma ecco che ad un paio di settimane dall’appuntamento verunense la band compie il salto di qualità dando alle stampe il bellissimo “Wheels Within Wheels”, album destinato a volare abbastanza alto nelle classifiche di fine anno degli appassionati di musica progressive.
I Meer più che una band sono una piccola orchestra, accanto agli strumenti standard (chitarra, basso e batteria) troviamo un tastierista, due violinisti ed una splendida coppia di cantanti, Johanne e Knut Nesdal, uniti nella musica come nella vita, dal momento che trattasi di fratello e sorella.
Il loro è un progressive di stampo classico che si stempera spesso e volentieri in un pop de-luxe dalle ampie aperture, impreziosito dalle straordinarie armonie vocali impostate dai fratelli Nesdal. Ogni brano è un piccolo gioello di melodica progressività e di attitudine pop, con qualche sconfinamento in campo AOR che male non fa, anzi. Per loro un set corposo che pesca a piene mani dagli ultimi due album (da cui son tratti ben sei brani a testa), e che con la splendida ‘Chain Of Changes’, strategicamente posta in apertura di concerto, conquistano immediatamente un pubblico che non pone alcuna resistenza nel farsi catturare da questo gioioso ensemble che sprizza positività da tutti i pori, pur con qualche (rara) caduta nello stucchevole, come per esempio nella conclusiva ‘Golden Circle’, brano ruffianissimo e che non avrebbe stonato sul palco dell’Eurovision Song Contest.
Sono arrivate le 22:30 ed il meteo grazie al cielo regge, per la gioia del pubblico metallaro che ha mandato sold-out quest’ultima serata di festival: headliner della serata sono infatti i redivivi Symphony X di Michael Romeo e Russell Allen, praticamente un’istituzione in campo pro-metal, ed attesissimi dai propri fan, anche alla luce dei travagliati ultimi 9 anni di vita della band, con Allen impegnato a cantare negli Adrenaline Mob.
Nel 2017 la band subì un tragico incidente stradale in cui persero la vita il bassista David Z e la tour manager Janet Trevis, ed in cui lo stesso Russel rimase gravemente ferito – un episodio che lo ha particolarmente segnato, e da cui ha faticato non poco a riprendersi.
Mentre dagli speaker viene diffusa la musica introduttiva all’ingresso in scena della band, gran parte del pubblico abbandona i posti a sedere per assieparsi davanti alla transenna, creando non pochi problemi all’organizzazione che con grande difficoltà riesce a ristabilire l’ordine, sicuramente aiutata nel processo nella comparsa in campo delle forze dell’ordine che hanno ridotto a più miti consigli mil pubblico, che comunque continuerà a rumoreggiare contro l’organizzazione, per aver imposto i posti a sedere ad un concerto sicuramente più metal che pro.
Su questo si potrebbe essere anche d’accordo, ma è sempre stato chiaro fin dal principio che l’intero festival prevedeva posti a sedere, posti per i quali si è pagato, seppur ad un prezzo tutto sommato simbolico. Nel frattempo, Romeo, Allen e soci sono arrivati sul palco e danno vita alla loro performance con ‘Iconoclasta’, subito seguita da ‘Eversore’ ed Inferno (Unleash The Fire)’.
Micheal Romeo non necessita di presentazione, è uno dei chitarristi più quotati in ambito metal e la sua performance non può che ribadirne la grandezza. Allen è un front-man a 360 gradi ed un vocalist d’eccezione, probabilmente il cantante metal per antonomasia. Con quella voce ed il possente fisico, Russell Allen domina la scena da consumato performer, e raccoglie tutta l’attenzione del pubblico, per lo meno fjn quando Romeo non attacca con i suoi virtuosismi, vissuti dagli spettatori con ammutolito rispetto.
Si può essere più o meno fan del genere, ma la qualità delle forze in campo è indiscutibile. Il concerto prosegue per il visibilio del pubblico, che accompagna Allen su ogni pezzo, inclusi i grandi classici dei Symphony X come ‘Serpent’s Kiss’, ‘Without You’ e ‘Set The World On Fire’ che chiude il main-set. Doveroso l’encore, piuttosto consistente, che mette in fila ‘Paradise Lost’ e ‘Out Of The Ashes’ prima di lanciare il gran finale con una ‘Sea Of Lies’ che fa cantare tutte le quasi 2000 persone accorse per l’occasione a Revislate.
E sulle ultime note di questo brano, cala il sipario sulla quindicesima edizione del 2Days Prog +1. Il festival non è ancora finito, ma il boss Alberto Temporelli, Octavia Brown, l’eccellente presentatrice ufficiale che ci ha tenuto compagnia per tutte e tre le giornate, e tutta la Ver1Musica stanno già lavorando all’edizione 2025, di cui ci hanno già anticipato il nome dei primi ospiti (i Lifesigns di John Young).
E noi, come ogni primo week-end di settembre da quindici anni a questa parte, ancora una volta ci incontreremo sotto il palco, nel campo sportivo di Revislate.