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Sziget Festival 2023, l’ansia pre partenza

Nei primi anni Novanta era un argomento di conversazione che andava per la maggiore durante le serate dei ventenni all’indomani del crollo dell’Utopia e, con essa, del Muro di Berlino e della Cortina di Ferro.
Andava braccetto con pianificazione dei viaggi zaino in spalla e sacco a pelo steso sui corridoi dei treni, che prendevano.
Nella principale agenzia viaggi rivolta alla clientela di universitari squattrinati, la domanda era sempre la stessa: «Praga o Budapest?».
Erano solitamente vendute in coppia, ma io non avevo dubbi nel rispondere.
Con la prima era stato amore a prima vista.
Sedotto dalla sua aura esoterica, malinconica, tenebrosa, gotica e dal passato torbido e doloroso del regno di Boemia, avevo snobbato lo splendore imperial-asburgico della seconda.
A nulla erano valsi i racconti di amici che magnificavano la sua eleganza.
A nulla era valsa la scoperta dell’opera di quel genio obliquo di Bela Bartok e l’aver cantato in un coro polifonico composizioni di Zoltan Kodaly – resistetti con puntiglio ai racconti di chi esaltava estasiato la gentilezza, manifesta e occulta, delle ragazze del luogo.
E così fu per i decenni successivi.

Giugno 2023: «Siamo dentro allo Sziget, vuoi andare? Faremo report day by day e dei contenuti in esclusiva».
Ho risposto sì senza pensarci.
Giocarmi un bonus adrenalinico e rubare il tempo all’ineluttabile.
Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando, lo Sziget Festival si tiene dal 1993 sull’Isola danubiana di Obuda, prospiciente a Budapest.
Nato come rassegna dedicata a gruppi locali, ospita oggi uno dei più importanti e grandi festival musicali e artistici del mondo.
Sei giorni e più di sessanta palchi, sui quali prendono vita concerti, spettacoli teatrali e di danza, dj set, workshop, proiezioni, artisti di strada, compagnie circensi, manifestazioni sportive, workshop, installazioni.
Nel 2022 si stima abbiano lo abbiano visitato circa 450.000 persone, arrivate da 103 paesi del mondo.

Il mio festival inizia con alcuni giorni d’anticipo, quando scopro che in Ungheria la moneta corrente è ancora il Fiorino.
In altri momenti avrei passato giornate intere a calcolare tassi di cambio, stavolta sorprendo me e i bookmakers che non quotavano nemmeno più le mie notti insonni e decido di prendere la cosa con distacco.
Qualche giorno dopo arriva il pass stampa.
Nonostante qualcuno mi sconsigli di farlo, acquisto la Budapest Pass Card, edizione speciale per lo Sziget.
Scarico l’app ufficiale del festival e mi creo una traccia di spettacoli e concerti da seguire, che disattenderò con rigore matematico.
L’app funziona incredibilmente bene e scopro di aver creato non so come l’agenda del mio festival, di immediata consultazione.
Poi l’inosabile: vado su Whatsapp ed entro nel gruppo ufficiale italiano dell’edizione 2023.
I temi trattati sono prevalentemente logistici e organizzativi, la maggior parte dei partecipanti dormirà nei campeggi.
Chi teme di perdersi con gli autobus, chi chiede dei taxi, chi si preoccupa di come e dove mangiare, chi chiede delle docce, chi gli risponde «che ti frega, lavati nel Danubio».
Le mie paranoie invece sono esclusivamente incentrate sulla ricarica dello smartphone e sulla possibilità di portare un laptop.
Carlotta, la responsabile della comunicazione dello Sziget Italia che mi tranquillizza su entrambi i punti.
Furio di Verdone me ne fa una, e ricca pure.

Nonostante i timori, il suddetto gruppo è una preziosa fonte di informazioni e mi fa scoprire la vera essenza del festival, riassumibile in due parole: incontro e libertà.
È un susseguirsi di partenze, di racconti di chi c’è già stato e di sogni di chi ci sarà per la prima volta.
Chi parte da Vicenza, chi da Napoli, chi da Senigallia, chi da Vercelli.
Chi sta caricando la tenda in macchina, chi chiede di compressori per gonfiare il materassino.
Chi è già in viaggio e scrive da Trieste.
Chi è lì per l’indie e alternative rock e segnala i concerti.
Chi invece pregusta la giornata del 13 agosto, con i più grandi nomi della techno europea e mondiale nell’Arena Colosseum dalle 15 fino al mattino del giorno dopo.
Le domande dei novizi riguardano soprattutto come attrezzarsi per campeggiare o quale sia la miglior strada per arrivare.
Qualcuno chiede e offre passaggi.
Gli aficionados iniziano ad organizzare party e danno appuntamento in alcuni famosi pub in rovina del quartiere ebraico.
Man mano che si avvicina la data d’inizio, le richieste passano da «posso portare il martello per i picchetti» a «ci sono bar sull’isola? E che alcolici vendono?».

Insieme a Giulio, omonimo compagno di avventura ed eccellente fotografo, prenotiamo un appartamento nel centro di Budapest, poi ci bevo sopra mentre butto giù queste righe ai tavolini di un locale di Garbatella.
Il nostro host mi racconta che è un grande fan del festival, sua moglie e sua figlia andranno a vedere il live di Billie Eilish, chiusura con il botto la sera del 15.
Più giorni passano, più mi accorgo di quanto sia grossa la cosa.
Cominciano alle dieci di mattina con le lezioni di yoga e il risveglio ayurvedico, e finiscono alle 6 del giorno dopo con l’after più estremo.
In mezzo di tutto, di più.
Cosa cazzo succederà non riesco a immaginarlo.
Cosa cazzo mi succederà ho paura di riuscire a immaginarmelo bene.
Meglio non pensarci.
Meglio l’oblio dell’alcol.
Fin da Roma.
Prosit.

Roma – Budapest, 09/08/2023

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