Swans live a Londra: l’ultimo canto dei cigni
Se c’è una cosa che ammiro di Londra è la puntualità con cui si svolgono gli eventi.
Alle 20.30, come previsto dalla scaletta, sul palco del Roundhouse arrivano gli Swans, anticipati dai set di Little Annie e Thurston Moore.
Il Roundhouse è un bellissimo teatro circolare, pieno di dettagli per gli occhi ma non dall’aspetto soffocante – soprattutto presenta un’acustica impressionante.
Questa del 27 maggio è una serata particolare, in primis perchè circolano voci che sia uno degli ultimi concerti degli Swans con questa formazione e poi, cosa non da poco, la band statunitense è affiancata da Thurston Moore, compagno di merende di Michael Gira durante gli anni della scena no wave di New York e, come Gira, “adicted” agli alti volumi.
Una volta sul palco, gli Swans si introducono al pubblico con un’assordante e lunghissima ‘The Knot‘, caratterizzata da un suono molto distorto che diventa man mano sempre più potente per esplodere in un echeggiante rumore.
La versione qui proposta dura più di 20 minuti, dopo i quali Gira inizia a salmodiare.
Con gruppo come gli Swans è inutile parlare di scaletta o di brani, perché tutti vengono eseguiti quasi completamente concatenati, quali fossero un’unica grande opera.
In questo tipo di concerti si può solo parlare di carica, suono, tecnica ed emozioni, e alla Roundhouse tutto risulta impeccabile.
Gira sul palco si trasforma in un cigno che con il battito della sue ali scandisce il tempo di un suono monolitico e le vibrazioni delle corde di basso e chitarra.
Dopo averne seguiti molti, questo è uno dei concerti degli Swans più tendenti al noise: molto spinto l’uso degli effetti, e la batteria è suonata con un’aggressività inaudita.
Dopo 40 minuti ininterrotti di esecuzione gli Swans salutano finalmente il pubblico, che risponde prontamente con un caloro applauso.
Gira stranamente sorride (è famoso per il suo essere sempre un po’ scostante e distaccato), scambia qualche battuta con la platea e naturalmente chiede al fonico di palco di alzare ulteriormente il volume.
Nei successivi 16 minuti gli Swans propongono ‘Screen Shot‘, e siamo dinanzi ad una violenza pura.
Gira salta come una cervo selvatico sul palco tramortendo le corde della sua chitarra, e tutto il gruppo gli va dietro: allarga la braccia e le muove ancora, come le ali di un cigno le rotea ed esegue dei movimenti che appaiono quasi come un rito pagano, trasformandosi egli stesso in uno sciamano del suono.
Il resto del concerto è un crescendo di ritmo e suoni, distorsioni e violenza.
La versione di ‘The Man Who Refused to Be Unhappy‘ scatena definitivamente il pubblico, che a questo punto è in delirio: il rito pagano che si sta svolgendo sul palco arriva alla platea, coinvolta in strani movimenti che fanno giungere la serata al suo apice.
‘The Glowing Man‘ è il brano con cui gli Swans salutano il pubblico, e sembra non voler finire mai – o forse siamo noi che vorremmo non finesse mai.
Purtroppo tutto termina, la band si inchina più volte al suo pubblico, Gira presenta la formazione, ringrazia e lasciano tutti il palco.
Non sono nuova agli Swans, non ricordo esattamente il numero dei loro concerti ai quali ho assistito, ma questo di Londra lo ricorderò come uno dei migliori.
Una menzione d’onore va alla sezione ritmica della band e ai fonici, che sono riusciti a rendere il suono davvero impeccabile.