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RY X

RY X: intimismo romantico e crepuscolarità elettroniche

Le vibrazioni di RY X sul palco del largo Venue

Il tour europeo del musicista australiano fa tappa a Roma. Ecco come è andata

Roma, 12 Novembre 2024

Il concerto romano di RY X è la conferma di quanto gli stati d’animo del momento guidino la percezione della realtà esterna. Ma anche la testimonianza degli oceani che possono separare i lavori in studio dalla resa live di un artista. Ascoltavo “Blood Moon” ultimo suo album ufficiale, datato 2022 e temevo per il mio destino: noia, solo noia, noia e basta. Gusti personali, nessun giudizio assoluto, ma non mi vergogno a dirlo

Sono due le reazioni nel rimirare la coda di persone che si forma fuori dal Largo Venue a un’ora dall’apertura porte. La prima di stupore; la seconda il collocarmi nella terra di nessuno tra la resa agli anni che passano (cosa certa) e il non capire nulla di musica (cosa altamente probabile). Mi tranquillizzerebbe sapere che tutti i brani inseriti nella setlist della serata, saranno estratti da altri lavori. Ma è ancora presto per averne contezza.

RY X è un australiano atipico, almeno per come ricordo essere le persone provenienti dalla terra “down-under”. Si dichiara ispirato da Jeff Buckley e racconta di aver deciso di dedicarsi alla musica dopo l’ascolto di “Grace”.  Inseparabile cappello a larghe falde. Si accompagna con due musicisti, circondato da postazioni in cui spiccano sintetizzatori, computer, device di varia natura e un violino

RY X
RY X

‘Sweat’, il brano con cui si presenta alle decine di smartphone innalzati da mani bramose di superflua immortalità, apre con arpeggi di chitarra classica. Passato e presente da surfista, come d’ordinanza, ma atmosfere sono ben lungi dall’evocare il sole e il cielo blu intenso del Queensland, avvicinandosi di più a un autunno nelle isole Shetland.

Anche l’illuminazione del palco sembra studiata per rinforzare questa sensazione. Luci basse, poste in fondo, investono da dietro i musicisti, e ci lasciano solo le ombre delle loro sagome. I musicisti spariscono dietro alla musica, emergendone di tanto in tanto con gestualità rotonda e misurata.

Arriva ‘You’, brano di recente uscita che su disco si avvale del featuring della band ecuadoriano/svizzera degli Hermanos Gutiérrez. Suoni interessanti, così come l’evoluzione dei pezzi. Paventavo una lunga serata, invece scorre con piacevolezza e coinvolgimento. Unica perplessità; sebbene la musica si regga sul contrasto timbrico tra voce e arrangiamenti, il cantato a volte è un po’ monotòno e monocorde.

RY X
RY X

Il falsetto di RY X fluttua e volteggia immerso nei riverberi anche dopo l’entrata imponente delle sequenze elettroniche e basse. Orbita intorno ai pianeti del dreampop e dell’elettronica. L’entrata del violino aggiunge carica romantica e malinconica, che acquista spessore, imponenza e verticalità una volta diventato un’orchestra d’archi, grazie all’aiuto di un harmonizer.

La serata si avvicina al sold out. Età media abbastanza bassa, nutrita presenza femminile e cospicua provenienza anglosassone o comunque oltreconfine. RY X dimostra di avere una fanbase consistente e affezionata, entrata facilmente nel flow della serata. Energia non ancorata alla materialità. La Gen Z che cerca l’emancipazione dalle passioni infuocate, piuttosto che lo sfogo brutale di rabbia.

Si prosegue e l’elettronica più danzereccia prende il sopravvento sulle atmosfere crepuscolari. La cassa si fa dritta, talvolta ripetitiva, Molto meglio quando gioca con il togliere e mettere la cassa, creando tensione che poi si risolve nella liberazione del corpo, come avviene in ‘The Water’, che infatti manda in delirio il pubblico e non lascia indifferente lo scrivente. Nel complesso, la performance si mantiene su buoni livelli.

RY X

Chiudo gli occhi e viaggio fino dentro un tendone dell’isola di Obuda a Budapest. Sziget Vibes al Prenestino. “Howling” porta luci rosso oro, dolcezza e divagazioni elettroniche su groove martellante. Non sono smartphone a sollevarsi, ma decine di cuori di carta, ai quali RY X risponde disegnandone uno con pollice e indice delle due mani. La mia sorpresa che si srotola come quel tappeto di luce che negli anni della mia infanzia pubblicizzava una nota cera per pavimenti.

Con ‘Only’, brano del bis, si indietro al 2016. Strumming delicato di chitarra classica sostiene carezze elettroniche e un corale a più voci. Ai Radiohead di ‘How To Disappear Completely’ forse fischiano un po’ le orecchie. Mancano l’Onde Martenot di Johnny Greenwood e l’implosione di Yorke, ma compare una Strato mancina imbracciata da uno dei suoi musicisti. Poi saluta lasciando un retrogusto amaro nel palato di qualche fan per un concerto la cui durata non ha superato l’ora e dieci.

Ma c’è altro. Torniamo indietro di due ore sulla linea del tempo.  È la prima volta che ascolto canzoni in lingua Bassa, uno dei duecentosessanta idiomi parlati in Camerun. A consentirmi di mettere il segno di spunta sulla casella è Blick Bassy. Cinquant’anni e ne dimostra venti di meno, carriera che oggi comincia a ottenere i meritati riconoscimenti.

Nel febbraio 2023, è stato nominato co-direttore della Commissione per la memoria in Camerun. Da allora è responsabile di ricordare l’azione della Francia durante la colonizzazione e dopo l’indipendenza dello stato africano. Lo fa anche attraverso le sue canzoni, accompagnandosi stasera con una sola chitarra.

Blick Bassy
Blick Bassy

Il primo brano è a cappella, una preghiera o una ninna nanna cantati davanti a un tramonto equatoriale. Pezzi semplici e carichi di emozione, vanno avanti su cicli di accordi che si ripetono. Non è un set elettrizzante, ma non è il suo obiettivo. Sono melodie tradizionali, che portano a interrogarti su misfatti del colonialismo europeo nell’Africa equatoriale. E quello che inchioda al muro è la sua emissione vocale. Passa in pochi decimi di secondo dal falsetto a timbriche piene. Poi ti lascia parlando di pace e connessione tra esseri umani.
Pace e connessione, quello che io porto a casa stasera.

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