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Prairie - Like a Pack of Hounds

Prairie – Like a Pack of Hounds

Dopo l’intervista che abbiamo fatto ad ottobre all’artista belga Prairie, è ora di ascoltare e riascoltare il suo nuovo album per capire cosa ha da offrirci in questa sua opera molto complessa.

Like a Pack of Hounds” è uno di quei dischi di difficile accessibilità: si tratta di un lavoro particolarmente sperimentale, che unisce noise, drone e ambient in un mix molto particolare.
Prairie è di Bruxelles ed è il nome d’arte di Marc Jacobs (sì, come lo stilista, ma non ricordateglielo) e nelle esibizioni live suona in una formazione a tre che unisce alla performance musicale anche la video art.
Già dai primi ascolti ho avuto un senso di déjà vu che mi ha accompagnato poi per tutto l’album: questa musica, i suoni, la struttura…tutto sembra assomigliare a “Frozen Niagara Falls” di Prurient (recensito qui).
Attenzione, il lavoro di Prairie non è assolutamente così estremo come l’ultimo lavoro di Prurient, ma mantiene una certa assonanza.
Like a Pack of Houds” fluttua attorno a sonorità a dark ambient condite con elementi noise che comunque non si rendono mai troppo invasivi. Interessante è la presenza di un brano cantato, ‘Closed For Thirty Midnights‘, nel quale la voce di Prairie accompagnata da una chitarra.
L’impronta noise e l’impronta ambient si alternano di continuo, da brano a brano: il noise si palesa più violentemente in pezzi come ‘End Of‘, ‘Elle See‘, fino ad arrivare a ‘Tigers Anyway‘ nel quale viene abbandonata quasi del tutto la parte elettronica per dare spazio alle chitarre elettriche.
Ciò che ne esce è un brano in stile Mogwai col fuzz tirato al massimo.
Lo stampo ambient invece si percepisce in brani come ‘Looking Back My Sweet‘, ‘California‘ e ‘Scars in heaven‘, che nonostante le distorsioni tipiche di questo lavoro siano sempre presenti, ma in maniera ridotta, riescono comunque a ricreare un tappeto sonoro sul quale si adagiano synth riverberati che rendono cupa questa produzione.
Vi sono anche dei brani come ‘Bitch‘ e ‘Veronica or Die‘ che sono invece totalmente noise rock, dove la presenza della parte elettronica è ridotta all’osso.
Nel complesso, “Like a Pack of Hounds” è un’album che ha come obbiettivo quello di generare un senso di inquietudine nell’ascoltatore, che in alcune tracce riesce bene e in altre meno.

Prima di passare alla conclusione, ci tengo a fare una riflessione critica.
L’utilizzo del noise ora come ora è diventato una moda, utile a sopperire alla mancanza di creatività degli artisti e di abilità tecniche nella registrazione.
Con questa osservazione non sto dicendo che l’ultimo album di Prairie non sia un buon lavoro, anzi.
È solo che questa scelta del noise, che ormai viene inserito ovunque, è diventata un po’ ridondante alle orecchie degli amanti del genere.
In alcuni brani sembra quasi che l’artista si voglia giustificare: laddove si parte con melodie non eccelse si va a concludere il lavoro con una distorsione totale che copre gli altri suoni.
È vero, il distorsore è come il nero, sta bene con tutto; rischia tuttavia di compromettere l’originalità di un lavoro che parte con ottime pretese.

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